I Boston Celtics sono, sulla carta, superiori ai New York Knicks. Questo sembrava un dato di fatto indiscutibile. Boston ha chiuso la stagione regolare con dieci vittorie in più, nonostante l’abbia affrontata spesso con il pilota automatico. Sono i campioni in carica. I Knicks, consapevoli della forza dell’organico dei Celtics, hanno costruito la propria squadra ispirandosi proprio a loro — ma leggermente meno talentuosa. Nessun analista di basket avrebbe potuto affermare con serietà che i Knicks fossero una squadra migliore.
Eppure, eccoci qui.
In due serate al TD Garden, i Knicks hanno strappato il cuore pulsante dei Celtics, trasformando una squadra considerata imbattibile in un castello di carte pronto a crollare. Rimontare da uno svantaggio di 20 punti nel terzo quarto è un’impresa notevole. Farlo due volte, è quasi leggendario. I Knicks ci sono riusciti grazie a una combinazione di durezza mentale, determinazione feroce e — va detto — una buona dose di fortuna. I Celtics, una delle migliori squadre al tiro da tre, si sono trasformati in un disastro, con un desolante 25 su 100 dalla lunga distanza. Che abbiano tentato ben 100 triple racconta molto sia del loro potenziale offensivo sia della loro debolezza: quando entrano, sono letali. Ma quando non entrano, sembrano smarrire completamente la bussola.
Come ha notato Trey Kerby, del podcast “No Dunks”, i Celtics negli ultimi minuti sembrano una squadra di pickup che gioca fino a 11 ma è bloccata a 9: continuano a forzare tiri da tre nella speranza di chiudere la partita. Soprattutto, appaiono scossi. Sanno di essere più forti, ma sembrano convinti che perderanno comunque.
E se sono già così nervosi adesso, cosa succederà sabato pomeriggio al Madison Square Garden, in gara tre? L’MSG sa essere infuocato anche in una partita infrasettimanale contro gli Hornets a febbraio. Sabato sarà una bolgia totale. I biglietti più economici sono già alle stelle, e probabilmente è la partita dei Knicks più attesa degli ultimi decenni.
Non c’è nulla di più elettrizzante di quando la tua squadra riesce in una rimonta inaspettata e si trasforma, nell’arco di pochi minuti, nella sua versione più pura, esplosiva e vincente. Jalen Brunson mette canestri pesanti, Karl-Anthony Towns domina a rimbalzo, Mikal Bridges — finalmente all’altezza dell’investimento fatto dai Knicks — piazza stoppate decisive, mentre Josh Hart è una presenza fisica e mentale che travolge chiunque abbia davanti.
E tutto accade a una velocità vertiginosa. Nei primi tre quarti contro Boston, i Knicks sembrano puntualmente in difficoltà — come previsto. (“Meglio non andare sotto di 20, certo”, ha detto Brunson dopo la vittoria di giovedì.) Ma poi, nel quarto periodo, si trasformano nell’ideale platonico dei Knicks: indomabili, instancabili, travolgenti. Sono i Knicks che New York attendeva da decenni.
Sabato pomeriggio torneranno al Madison Square Garden, che si preannuncia un’arena ribollente di passione, con la possibilità concreta di portarsi sul 3-0 contro Boston. Una vittoria in questa serie darebbe piena legittimazione a tutte le mosse dell’era Leon Rose: lo scambio per KAT e Bridges, la conferma di coach Tom Thibodeau, persino la scelta di distrarre il proprietario James Dolan con il progetto Sphere.
Superare i Celtics significherebbe diventare, a tutti gli effetti, una pretendente al titolo NBA come non accadeva da trent’anni. Sarebbe la notizia sportiva dell’anno. Sembrava impossibile. E invece, eccoci qui.